• RESTYLING  FACCIATA DI VIA ROMOLO 7 – MI
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RESTYLING FACCIATA DI VIA ROMOLO 7 – MI

600

Milano

2019

Progetto di riqualificazione della facciata lato strada dello stabile di Via Romolo 7 a Milano

I rivestimenti ceramici a piccoli elementi di tesserine

Nella Milano degli anni’50 e ’60 si sono largamente diffuse le facciate dotate di rivestimenti ceramici a piccoli elementi dalle più svariate forme, dimensioni e colorazioni, le quali sono divenute quasi una costante del linguaggio architettonico di quel periodo. La modernità del materiale era il requisito più ricercato e proprio al carattere di novità era affidato il compito di riscattare l’architettura di quegli anni. Nei primi decenni del dopoguerra tesserine eclinker caratterizzarono moltissima dell’edilizia prodotta in quegli anni, durante i quali si ravvisavano nelle ceramiche una durevolezza e una resistenza superiori a quelle degli intonaci.

Il tipico degrado dei rivestimenti in ceramica a manto continuo applicati per adesione alle strutture delle facciate si manifesta essenzialmente nel cedimento del rivestimento dal suo strato di sostegno alla facciata, cioè i rivestimenti si distaccano a causa della polimerizzazione delle malte di allettamento, del collante o delle resine utilizzate, le quali perdono la propria adesività provocando di conseguenza rigonfiamenti, fessurazioni sui giunti, lesioni o fratture sulle piastrelle, distacchi parziali di alcuni elementi isolati o di intere porzioni che si distaccano solidalmente.

Per quel che riguarda il rivestimento ceramico a tesserine o a mosaico, il degrado si evidenzia soprattutto con rigonfiamenti e distacchi di porzioni di elementi ceramici causati, nella maggioranza dei casi, dalle dilatazioni termiche di materiali accostati in maniera incompatibile (ad esempio, dall’azione degli elementi di affrancatura di molti parapetti in ferro che, arrugginendosi nella parte murata, provocano aumenti di volume e tensioni tali da determinare distacchi) oppure da fessurazioni verticali o orizzontali lungo il manto ceramico, in corrispondenza degli elementi strutturali.

L’intervento di ripristino di un rivestimento ceramico deve essere sempre preceduto da opportune indagini diagnostiche al fine di valutarne il reale stato di conservazione, il quale non sempre emerge a partire dalla sola ispezione visiva, e al fine di valutare se convenga l’opera di recupero rispetto a quella di sostituzione (sempre se, ovviamente, non vi siano vincoli storico-artistici che ne determino il mantenimento). Le operazioni diagnostiche più comuni per rilevare lo stato di sicurezza del rivestimento inclinker sono:

– quelle manuali, che prevedono la battitura di tutte le superfici al fine di individuare esattamente (segnandole anche direttamente sulle superfici), mediante auscultazione sonora, le zone in fase di distacco;
– l’estrazione di campioni a carota per analizzare la composizione e lo stato di conservazione del supporto;

– tra quelle non distruttive, l’endoscopia o termografia per valutare l’entità complessiva dei distacchi e individuare le eventuali lacune del supporto.

Se il risultato delle analisi determina un distacco inferiore al 20-30% dell’intero rivestimento, che quindi non comporti un integrale rifacimento dello stesso, si procede all’intervento di ripristino localizzato rimuovendo gli elementi lesionati o disancorati e non sufficientemente affidabili e al consolidamento del supporto disaggregato e degli intonaci distaccati con resine epossidiche iniettate mediante beccucci e siringhe speciali. Se necessario, si dovranno demolire zone di intonaco particolarmente disaggregato e ricostituire il letto di adesione con malte cementizie additivate e compatibili con le preesistenze, trattare i ferri affioranti e applicare le nuove piastrelle, che ovviamente dovranno possedere le stesse caratteristiche di quelle esistenti, con malta cementizia o adesivi in polvere a base cementizia additivati con latte elasticizzante per legante idraulico o collanti sintetici. Allo stesso modo si utilizzano sigillanti cementiti o sintetici per la stuccatura accurata di tutte le fughe di accosto degli elementi ceramici, avendo cura di pulire le superfici solo dopo il perfetto indurimento del sigillante. Una volta terminate le operazioni di ripristino tutta la superficie del rivestimento verrà lavata tramite idrolavaggio con detergenti neutri o acqua nebulizzata e dopo si procederà all’eventuale trattamento protettivo e idrofobizzante con prodotti silossanici stesi a pennello.

Qualora il distacco del rivestimento ceramico rilevato assuma un’entità tale da dover essere demolito e ricostituito con uno nuovo, si procederà alla fase di demolizione totale mediante demolitori manuali, a quella di ricostituzione dell’idoneo supporto e dei piani di posa e dell’applicazione del rivestimento.

Appartenendo la maggioranza degli edifici rivestiti a ceramica agli anni del secondo dopoguerra, con strutture portanti in calcestruzzo e tamponamenti leggeri in laterizio, l’asportazione dei rivestimenti provoca spesso un grave danneggiamento alle pareti esterne, sulle quali è necessario ricostituire un nuovo e idoneo intonaco cementizio per consistenti risarciture dei paramenti murari. Poiché il rivestimento ceramico è sottoposto a elevate sollecitazioni meccaniche (soprattutto a causa dei cicli termici), è importante che lo strato di adesione sia compatto e poco poroso, ma anche sufficientemente elastico e che garantisca un ancoraggio forte e tenace del rivestimento al supporto.

Riassumendo: le malte cementizie riducono la loro resistenza meccanica a causa dell’erosione superficiale, del dilavamento dell’idrossido di calcio nella pasta cementizia, dell’azione chimica dei solfati, dell’anidride carbonica e delle sostanze acide del cemento; per questo motivo sono stati messi a punto adesivi composti da miscele di leganti idraulici, resine sintetiche e additivi speciali, dotati di resistenza e durabilità più elevate, distinguibili in due categorie: collanti a base cementizia e collanti a base di resine sintetiche.

Gli adesivi a base cementizia si caratterizzano per prestazioni differenti a seconda della natura degli additivi introdotti, sono costituiti comunque da leganti idraulici, aggregati di granulometria finissima, resine sintetiche e additivi. Questi prodotti sono in genere forniti premiscelati in polvere, alla quale deve essere aggiunta solo acqua oppure una miscela predosata di lattice contenente acqua e resina acrilica in dispersione (con modulo elastico elevato), nella quale comunque l’additivo collante miscelato nelle polveri del sacco è formato da resina vinilica.

Il primo vantaggio che l’impiego dei collanti cementiti garantisce rispetto alle malte è quello per il quale essi possono essere utilizzati in spessori molto più ridotti (0,5 cm contro i 3 delle malte), il secondo è che grazie alla presenza dei lattici additivi sono molto più elastici e in loro presenza si può anticipare la fase di stuccatura e sigillatura superficiale del rivestimento, con un notevole risparmio di tempo.

Gli adesivi a base di resine sintetiche sono costituiti da resine in dispersione acquosa, che vengono fornite sotto forma di paste pronte all’uso, oppure da resine bicomponenti che induriscono a seguito di reazione chimica e che pertanto sono fornite in due componenti da miscelare al momento del loro utilizzo. Questi prodotti sono maggiormente indicati quando vi siano problematiche legate a supporti molto elastici o in condizioni di forti movimenti strutturali; dato il loro costo elevato non vengono quasi mai applicati su vaste superfici esterne.

Una volta definito il materiale più
idoneo per lo strato di adesione, è necessario selezionare quello per la sigillatura dei giunti, il quale deve essere molto elastico (per assecondare i movimenti del rivestimento ceramico), resistente all’attacco degli agenti chimici e impermeabile. Oltre che per l’importante funzione protettiva, deve essere valutato anche sotto l’aspetto estetico, in quanto partecipa, insieme al rivestimento ceramico, all’aspetto estetico dell’intero sistema di facciata.

Anche per quanto riguarda i sigillanti per le fughe di accosto tra gli elementi ceramici si può fare distinzione tra malte cementizie a base di inerti a granulometria variabile, in considerazione dell’ampiezza delle fughe, o con resine sintetiche (poliuretaniche e epossidiche), e additivi idrofobizzanti miscelati in lattice di gomma sintetica. Naturalmente la scelta sia del materiale di rivestimento che del suo sistema di posa che dei collanti deve essere determinata dalle caratteristiche della struttura da rivestire.

Ogni sistema di rivestimento, procedendo verso l’esterno, si compone dei seguenti strati: lo strato portante di supporto (la struttura), lo strato di livellamento superiore (che garantisce la planarità), lo strato di adesione (il collante) e lo strato di rivestimento (il materiale ceramico).

Le tesserine, una moltitudine di piccoli elementi quadrati, di dimensioni molto ridotte rispetto a quelle solitamente considerate per le piastrelle di clinker, formano, accostate l’una accanto all’altra, un rivestimento di tipo continuo e visibilmente omogeneo; la continuità del rivestimento può essere compromessa da eventuali distacchi, i quali creano vuoti e provocano il cedimento dell’intero manto ceramico. Anche in questo caso si procede a una completa e precisa battitura con un martelletto di gomma, al fine di verificare, per mezzo della risposta sonora, quale sia la

reale condizione dei distacchi, individuando esattamente le zone da ripristinare e quelle di cedimento futuro, da risanare tramite iniezioni eseguite attraverso speciali pompe che immettono malte nelle zone interessate. Quando il distacco complessivo individuato e accertato raggiunga il 30% dell’intera superficie del rivestimento, può allora ipotizzarsene la sostituzione completa: quando il rivestimento non possegga particolare valori estetici o storici da salvaguardare e mantenere le operazioni di ripristino dell’originale manto di rivestimento si rivelano poco convenienti, in caso contrario si procede alla ricostruzione dello strato collante tramite iniezioni di resine epossidiche e acriliche per mezzo di apposite siringhe lentamente autosvuotanti. Occorre tenere presente che generalmente questo tipo di rivestimento, molto usato negli anni 60, ha una durata media di circa trent’anni quindi, quando si ipotizzano interventi di recupero funzionale, questi diventano economicamente validi qualora siano in grado di ritardare la fase di collasso funzionale di diversi anni, altrimenti risulterebbe economicamente più valida l’ipotesi della sostituzione. Pertanto, in relazione al decadimento strutturale e funzionale accertato sulla base dei risultati delle diagnosi e della battitura e alle prescrizioni di progetto, si dovrà:

– pulire e proteggere le parti sane con materiali appropriati;
– correggere, dove possibile, i difetti di adesione tra gli strati;
– distaccare il rivestimento a piccole sezioni e lungo l’andamento degli elementi figurativi, qualora fossero presenti delle fessurazioni;
– ricollocare le porzioni distaccate con malte additivate adeguate ai supporti ;
– stuccare i vuoti e procedere al lavaggio finale con prodotti specifici.

Solitamente il ripristino avviene in tre fasi: prima il consolidamento della malta di allettamento del supporto mediante iniezioni, poi l’incollaggio degli elementi del rivestimento al supporto, infine il rifacimento dei giunti.

Considerato che un sistema di rivestimento ben progettato debba mettere in atto ogni accorgimento in grado di assicurarne la durabilità nel tempo, dovrebbero sempre essere predisposti dei giunti elastici di frazionamento orizzontale (meglio se a ogni marcapiano) e verticale (meglio se in riquadri di 10-12 m2). I materiali specifici per i giunti di dilatazione sono solitamente a base siliconica o poliuretanica. Quando invece si opta per la demolizione del rivestimento attuale in modo da rifarne un altro dello stesso tipo, le tesserine vengono di norma preincollate su dei fogli di carta, i quali vengono successivamente accostati e predisposti direttamente sul collante a base cementizia, steso precedentemente sull’intonaco rustico a base di sabbia e cemento tirato a staggia; una volta appoggiato il foglio sopra l’impasto collante (lasciando la carta all’esterno) le piastrelline vengono battute, così da ottenerne la planarità e poi, una volta che la colla sia aderita, la carta viene bagnata in modo da poter essere poi asportata; infine si stucca e si lava. Esistono infine dei casi per i quali si propone di mantenere in opera il rivestimento a tesserine esistente, così da evitare il danneggiamento della muratura di tamponamento, causato dalla demolizione totale degli elementi, il quale viene ricoperto con una nuova struttura armata di sicurezza. Vengono cioè:
– demolite tutte le parti in fase di distacco o quelle ritenute inaffidabili nel tempo;
– viene risarcita la lacuna che si è creata a causa del distacco con una rappezzatura a intonaco portato fino al filo delle tesserine adiacenti;
– vengono ripulite tutte le superfici con un accurato idrolavaggio;
– viene teso uno strato di fondo in resina sintetica elastomerica additivata con cemento, che penetra tra le fughe e va a colmare i giunti e le fessure esistenti e viene applicato uno strato di malta di 2 cm armato con rete di fibra di vetro dotata di resistenza a trazione, con grande cura per gli spigoli e intervallando fissaggi meccanici di sicurezza;
– infine, su questa rasatura armata si procede alla stesura della finitura tramite i vari sistemi di pitturazione esistenti.

In merito alla facciata esterna dello stabile di Viale Romolo 7, con la presente sono a proporre due tipologie d’intervento:

– uno conservativo (proposta A) dove vengono riproposte ed ampliate le campiture rivestite in tessere di ceramica del formato cm.2,5×2,5 come quelle esistenti e/o similari, in contrapposizione agli sfondati che verrebbero schiariti con una pitturazione catalitica;

– uno più audace (proposta B) di ridisegno della facciata attraverso elementi più contemporanei e funzionali come dei nuovi parapetti con pannellature in vetro e schermature scorrevoli frangisole ed antivento. In questo caso le pareti verticali degli sfondati arretrati sono rivestite in ceramica a piccoli elementi dall’originale colorazione .

In entrambi i casi sia la ceramica che le pitturazione delle parti a vista degli intonaci o delle superfici in cls vengono trattate con prodotti autopulenti e bioattivi al biossido di titanio che oggi si stanno diffondendo con sempre maggiore consapevolezza promuovendo interventi ecosostenibili sugli involucri di facciata dei palazzi cittadini.

Attraverso prodotti innovativi dalle elevate prestazioni di abbattimento dei principali inquinanti presenti nell’aria, si può contribuire davvero efficacemente al miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti urbani. Basti pensare che una facciata di soli 150 mq. rivestita con questi materiali ha la capacità di purificare l’aria in misura paragonabile ad un bosco dalle dimensioni di un campo di calcio oppure eliminare i NOx (ossidi di azoto, sottoprodotti della combustione) emessi da 11 automobili nel corso di una giornata.

La combinazione del principio attivo del biossido di titanio (TiO2) conferisce al prodotto le caratteristiche fotocatalitiche utili, in presenza di irraggiamento luminoso, per ottenere l’autopulenza e l’effetto di disinquinamento.

Nell’eventualità che si voglia considerare l’ipotesi di una riqualificazione anche energetica attraverso l’intervento di rifacimento delle facciate (tipo ad esempio cappotto, ecc…), occorre tenere in considerazione tutti i dettagli esecutivi esistenti in facciata che possano interferire con i nuovi spessori degli elementi termoisolanti e perciò potrà essere valutata solo dopo aver eseguito una precisa indagine sulle reali possibilità applicative in questo contesto.